mercoledì 2 settembre 2015

Grandiosa svendita di fine stagione | 2 Settembre 2015 |


Una piccola riflessione a margine della promessa del Papa di maggiori assoluzioni durante l'anno giubilare.

Se fossi un politico, mi guarderei dallo scrivere questa nota. Non conviene, quando ti trovi in una posizione come la mia, di “inimicarsi” la piazza dove vivi, lavori, ed hai il tuo ministero; di entrare in   “competizione aperta” con una realtà permeata nei secoli dalla tradizione cattolica.

E, allo stesso tempo, non conviene inimicarsi la compagnia con cui servi, i pastori e i servitori a vario titolo della realtà evangelica in Italia, così schieratamente anti-cattolica.

Per ventidue anni sono riuscito a “navigare” tra gli scogli, cercando di essere uno Schettino migliore, senza incappare  negli spuntoni a pelo d'acqua e nelle secche sommerse , cattoliche o evangeliche che siano.

Ma non sono un politico: sono un pastore (a dispetto della mia voglia di stare nell'ombra); e conosco quello a cui Dio mi ha chiamato. Paolo esorta Timoteo proprio in questo senso: “Tu cerca di essere degno di lode davanti a Dio, come un lavoratore che non deve vergognarsi del suo lavoro, come uno che predica la parola di verità senza compromessi.” (“ Timoteo 2:15 TILC).

E, da pastore, non posso fare a meno di commentare una notizia apparsa sulla stampa oggi, 1 settembre 2015: lo devo, per l'amore della verità e di alcuni che la hanno letta come me, e che potrebbero essere fuorviati nel comprendere la realtà dei fatti.

C'è una lunga premessa da fare, e una secca su cui “rovinare” un poco lo scafo della mia barca agli occhi di molti, sul lato evangelico del tratto di mare che sto percorrendo.

La mia fede è nata nella chiesa cattolica: lì ho conosciuto Gesù. All'età di otto anni, dopo un ritiro pre-comunione,  ho pregato una semplice preghiera: “Gesù, ho capito cosa hai fatto per me, e per questo ti affido la mia vita: fanne quello che tu voi.”. E lui ha preso sul serio la mia preghiera. Se sono quello che sono, lo devo a quella preghiera di bimbo.

Ma non solo: durante la mia adolescenza ho incontrato sulla mia strada molte persone che hanno segnato la mia vita. A nove anni mi presi una “cotta” per una suora che mi insegnava il catechismo: una cotta che più casta non potrebbe essere mai stata, in quanto a quell'epoca (quasi cinquanta anni fa) uno di nove anni a malapena sapeva come nascessero i bambini, figuriamoci altro.

Mi piaceva stare con lei: quando mi parlava di Gesù, le brillavano gli occhi in un modo speciale, e a me batteva forte il cuore... forse per lei, ma forse già per quell'uomo di cui lei parlava che era venuto a soffrire e morire per rendermi libero. Un giorno ebbi il coraggio di chiederle (anche all'epoca non ero un politico, sapete?): “Suor Giuseppina, ma perché lei, che è così bella, non può avere un marito e dei figli?”. Ricordo le sue gote si colorarono di una morbida porpora che spiccava sul nero del velo che le coronava il viso. E, guardandomi dritto negli occhi, mi disse: “Guarda - indicando con l'indice della mano destra l'anello con il crocifisso che aveva all'anulare della mano sinistra - il mio sposo è Gesù.” E, accarezzandomi dolcemente i capelli, fino a scendere sulla mia guancia, aggiunse: “ E tu sei un mio figlio, Marco!”

Crescendo ho incontrato nella scuola un bel po' di preti che stavano là giusto per riempire l'ora settimanale di religione, la cui massima ambizione era di tenerci buoni e farci fare una risata con una barzelletta o con una partitina a calcio balilla nell'oratorio della parrocchia che curavano. Ma alcuni, invece, erano lì, con gli stessi occhi (e lo stesso cuore) di Giuseppina.

Se sono dove sono, se sono chi sono, lo devo per certo a quella preghiera fatta ad otto anni; quella preghiera che ha permesso che, sul mio cammino, incontrassi don Mario, che mi sfidava ogni volta a mettere in dubbio la mia fede, a farmi quelle domande difficili, quelle che spesso un adolescente vuole evitare: “ Se dici di credere, quale differenza fa nella tua vita di tutti i giorni?”.

E ricordo ancora un giorno quando, con la sgangherata pianola elettrica della scuola, don Luciano mi insegnò (a me come ad altri) una canzone, le cui parole dicevano: “Prendimi per mano Dio mio, guidami nel mondo a modo tuo.”. E nei suoi occhi vidi lo stesso fremito che conoscevo in quelli di Giuseppina; e feci, ancora una volta, mie le parole della canzone.

Ci sono stati preti che non sopportavo perché parevano un insulto alla mia intelligenza o che tiravano scappellotti a destra e a manca, ed altri che, invece, mi hanno incoraggiato a leggere il Nuovo Testamento da solo, come don Leonardo, che, regalandomene uno (la mia prima “Bibbia”!), mi disse: ”Leggi! Vedrai che riuscirai a parlare con il tuo Creatore, perché lui desidera disperatamente parlare con te.”

Questo il posto, queste le persone dove è nata la mia fede. Io, non smetterò mai di ripeterlo, ho conosciuto Cristo nella chiesa cattolica; e non smetterò mai di avere rispetto, affetto e riconoscenza per Giuseppina, Mario, Luciano, Leonardo... e di pregare per loro!

Poi, però, ricordo i motivi perché mi sono allontanato da essa; e me lo rammenta, di tanto in tanto, l'alta gerarchia vaticana. Oggi come allora.

Come stamattina che, tra le tante notizie, una in particolare sul Corriere della Sera non poteva non cogliere la mia attenzione: questa.

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LA SVOLTA IN VISTA DEL GIUBILEO

Giubileo, il Papa: «Assoluzione per le donne che hanno abortito e amnistia»
Francesco annuncia la possibilità (finora consentita solo ai vescovi) per i preti di perdonare le interruzioni di gravidanza. E chiede «una grande amnistia»

Per il grande Giubileo straordinario ogni sacerdote ( e non solo i vescovi) potranno assolvere, concedendo il perdono della Chiesa, tutte le donne che si sono pentite di avere abortito: lo ha annunciato Papa Francesco nella Lettera indirizzata martedì al presidente del Pontificio Consiglio per la Nuova Evangelizzazione, monsignor Rino Fisichella. «Il perdono di Dio a chiunque è pentito non può essere negato, soprattutto quando con cuore sincero si accosta al Sacramento della Confessione per ottenere la riconciliazione con il Padre», scrive Francesco che «anche per questo motivo» ha deciso, «di concedere a tutti i sacerdoti per l’Anno Giubilare la facoltà di assolvere dal peccato di aborto quanti lo hanno procurato e pentiti di cuore ne chiedono il perdono».
(CorSera, 01.09.2015)
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Mi è parsa così stonata la nota, che  ha fatto male (e ancora lo fa) alle mie orecchie spirituali; e, il mio timore da pastore, è che la stonatura possa arrivare ad orecchie indifese. Ed è per questo che non posso tacere.

Sembra quasi una di quelle pubblicità dei grandi magazzini: “Solo per oggi!” “Grandiose offerte di fine stagione! Solo fino al 30 Settembre”, eccetera.

Ancora non riesco a capire dove, nelle Scritture, sia espresso il concetto che “da una data a quell'altra data” si apra una finestra per un “condono”, per un “ravvedimento operoso” come chiede sovente lo Stato al contribuente che ha frodato, offrendogli uno sconto di pena se si autodenunzia.

C'è una parte di verità, nell'annuncio di Bergoglio: infatti in proverbi sta scritto: "Chi copre le sue colpe non prospererà, ma chi le confessa e le abbandona otterrà misericordia" (Proverbi 28:13).

Ed è anche vero che: “Se confessiamo i nostri peccati, Egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità" (1 Giovanni 1:9).

Ma la verità si limita al fatto che abbiamo un Dio stupendo che ci ama, per cui ogni peccato vale uno (una bugia vale 1, un omicidio vale 1), e che ci perdona tutto SE confessiamo le nostre mancanze.

La finestra per il perdono non è un intervallo temporale (da qui al 2016), ma in un intervallo di volontà (voglio chiedere perdono prima di affrontare il giudizio di Dio?).

E stona ancor di più che ci sia una “promozione sul campo” dei sacerdoti alla qualifica di “pulitori certificati dell'anima”. Mi spiace, con tutta la stima per quei preti e quelle suore (e ce ne sono altri e altre che non ho menzionato),  la Bibbia dice che NESSUN ESSERE UMANO può perdonare i peccati di un altro essere umano.

Molte volte, alcuni amici cattolici, mi hanno citato un versetto di Giacomo per dimostrare che la confessione è richiesta nel Nuovo testamento: il versetto è questo:

"Confessate a vicenda i vostri peccati e pregate gli uni per gli altri, così sarete guariti." (Giacomo 5:16)

Cerchiamo di “personalizzare il versetto, con nomi veri... che so... Marco e don Pasquale (come quello dell'opera di Mozart).

“Confessa dunque i tuoi peccati, Marco a don Pasquale, e i tuoi peccati, don Pasquale a Marco,  e tu prega per don Pasquale, Marco, e tu prega per Marco, don Pasquale, così tu, Marco, e tu, don Pasquale, sarete guariti.”

E' molto che non mi confesso, e potrei ricordare male, ma non mi pare che, quando mi confessavo, il “don Pasquale” di turno mi confessasse i suoi peccati: così facendo, secondo Giacomo (non secondo me), né io né don Pasquale eravamo guariti.

C'è nessuno, dunque, che possa perdonare e guarire i miei peccati?

“Gesù, vedendo la loro fede, disse all'infermo: "Figliuolo, i tuoi peccati ti sono perdonati!" Alcuni dottori della legge, che se ne stavano seduti lì vicino, pensarono:  "Ma come? Questa è una bestemmia, solo Dio può perdonare i peccati!"  A quel punto Gesù, che aveva letto nei loro pensieri, disse: "Perché fate questi ragionamenti?  È più facile dirgli: "Ti sono perdonati i peccati" o: "Alzati e cammina"? Perciò, per dimostrare che il Figlio dell'uomo ha qui in terra anche l'autorità di perdonare i peccati, ..."  rivolgendosi al paralitico, ordino: "... alzati, raccogli la tua barella e vattene a casa tua!" (Marco 2:5-10 PV)

Siamo tutti infermi: un infermo non guarisce un infermo: l'unico in terra che ha autorità di perdonare i peccati non attende una lettera per guarire “solo entro novembre 2016”.

Unico e solo, il Figlio dell'uomo, Cristo, guarisce, sempre, in ogni luogo, in ogni istante...

“Gesù, vedendo la loro fede...” . 

Gesù agisce dinanzi alla fede, non per mezzo di una bolla papale.

Se vuoi il perdono, non cercarlo nell'offerta speciale del Giubileo. Se vuoi la guarigione dalle tue ferite, non affannarti nelle code dei saldi di fine stagione dinanzi ad una cattedrale.

Ma cercala in te stesso, in te stessa. Ma cercala  dove il perdono ha origine.

“Se confessiamo i nostri peccati, egli è fedele e giusto da perdonarci i peccati e purificarci da ogni iniquità.... e il sangue di Gesù, suo Figlio, ci purifica da ogni peccato." (1 Giovanni 1:8-9 PV)


Marco
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domenica 16 agosto 2015

Leggendo negli occhi di una bimba | 16 Agosto 2015 |



La mia mattina inizia come al solito: la sveglia suona alle 5,45.  La casa è silenziosa. Tutti dormono.   Scendo le scale per incontrare, come ogni mattina, il raggio di sole che illumina la sala.  Salgo il soppalco, accendo il Mac, e attendo che carichi il sistema. 

  Mi sveglio presto. Mi piace svegliarmi presto: mi fa sentire vivo, pronto ad un'altra giornata. Mi piace il silenzio della casa, per un'ora al giorno. 
  
  Fa parte della mia vita, della mia chiamata, e del mio lavoro svegliarmi presto. Lo faccio per incontrare in preghiera il mio Creatore, per avere un colloquio con lui all'inizio della mia giornata, per chiedere consigli su come affrontarla.   

  Ma fa parte della mia vita, della mia chiamata e del mio lavoro anche sapere cosa accade nel mondo. E i primi dieci minuti di quell'ora che ho davanti, prima che il silenzio della casa sia riempito dagli occhi assonnati (e belli) di mia moglie e, molto più in là, dalle voci ormai profonde e da uomini dei miei due figli, sono dedicati a sapere cosa è successo nella notte.   

  In questo mondo non siamo isole, ognuno è connesso agli altri tramite sottili fili invisibili, che hanno il potere di mutare la vita di ciascuno di noi anche a migliaia di chilometri di distanza a seconda dell'intreccio che assumono. 
  
  Apro la solita pagina dove trovo le news, scorro tra le notizie dell'afa, della crisi greca, e del governo... fino a quando, in un riquadro in basso, appare un'immagine che mi trafigge. 

  Non l'immagine mi trafigge, ma due occhi: gli occhi di una bimba siriana, profuga su un'isola sperduta nell'azzurro del Mediterraneo. 
  
  Non sono gli occhi statici di una foto, ma sono gli occhi vivi, che narrano una storia, che posso sentire con lo orecchie del mio cuore. 

  “Ciao, mi chiamo Samir, la mia casa era in Siria... ma ora non c'è più. Eravamo in tanti sulla barca che ci portava, ma il mio papà mi ha tenuto sempre stretta per non perdermi. Lo vedi? E' al mio fianco. E' forte, ma ha pianto tanto negli ultimi tempi.   
  Siamo fuggiti perché nel mio paese non ci vogliono più. Vedi la fede che ha sul dito? Il mio papà è sposato in chiesa con mia mamma; anche lei è al mio fianco... Ma ora la chiesa è stata distrutta, come la nostra casa... Io non ho più dove andare... non ho più nulla, tranne il mio maglioncino con il polipo rosa.  Me lo ha regalato mia nonna. Lei non è venuta, era troppo vecchia per camminare nel deserto sino al mare. 
  Un signore generoso mi ha dato anche un giubetto gonfiabile che sta bene con i colori del mio maglioncino. Io non so nuotare, e altri bambini sono caduti in acqua... e io  non li ho visti più. Era buio e freddo nel mare. La mamma mi teneva tra le braccia, e mio papà teneva lei. Non potevamo parlare, ma così sapevamo che eravamo assieme, anche se non ci vedevamo. 
  Papà dice che devo aspettate, che dobbiamo aspettare per essere accettati... ma io sono così stanca, e ho fame, e vorrei dormire di nuovo in un letto.  'Perché dobbiamo aspettare?' ho chiesto a mamma: 'Perché siamo tanti, Samir, e la gente di qua  crede che saremo un problema per loro.' 
  Tu non lo pensi, signore, vero?  Tu che mi guardi nella foto, non pensi che sono un problema, ma che sono solo una bambina spaventata, che ha voglia di dormire in un letto, e di mangiare qualcosa di buono, vero? Che ho solo voglia  tornare a giocare, di avere di nuovo una casa e tanti amici. Tu mi aiuterai, vero signore? Signore, non disprezzare i mie occhi, e lo sguardo senza speranza che li riempie adesso...” 

  Quegli occhi, vivi occhi, hanno trapassato la mia anima, perforandola, lasciando un senso di necessità di agire, di lottare per lei e per coloro che hanno abbandonato il tutto dei luoghi nativi per il niente di un incerto futuro, ma che dia una prospettiva di pace e di bene; che hanno abbandonato il niente che sa di morte di luoghi e gente che li scaccia per il tutto che sa di vita e di una speranza futura. 

  Lo so bene, in questo mondo non siamo isole, ma  ogni vita è connessa alla vita degli altri tramite sottili fili invisibili, capaci di mutare il destino di ciascuno di noi anche a migliaia di chilometri di distanza a seconda del loro dipanarsi e intrecciarsi.   

  Come credente so che posso fare molto: devo. Come sale della terra e luce del mondo sono chiamato a fare la differenza. E che tutto inizia con la preghiera.  Ma che prosegue,  partendo dall'impegno che mi chiedono quegli occhi di non disprezzarli, di non vederli come un problema, ma di suscitare una coscienza che cerchi la soluzione al loro problema; di lottare contro la tendenza del mondo a pensare per se stessi, disprezzando quegli occhi e le storie che vi stanno dietro. 

  Non posso mutare la politica dei paesi dove filtrano coloro che, come te, cercano un futuro Samir, ma il mio cuore si, quello lo posso mutare; e cuori mutati, fili invisibili che ci connettono gli uni agli altri, possono mutare i paesi, i governi, le politiche.
  Si, te lo prometto, Samir: qualsiasi cosa dovesse accadere, io non disprezzerò mai quei tuoi occhi. Te lo devo: come persona in nome della solidarietà umana, ma soprattutto come credente in nome dell'amore di Cristo.

  “Signore, quando mai ti abbiamo visto affamato e ti abbiamo dato da mangiare? O assetato e ti abbiamo dato da bere? Quando mai eri straniero e ti abbiamo aiutato? O eri nudo e ti abbiamo dato degli abiti? E quando mai ti abbiamo visto ammalato o in prigione e siamo venuti a trovarti?"  "Ed il Re risponderà loro: "Quando lo avete fatto anche per l'ultimo di questi miei fratelli, lo avete fatto per me!" (Matteo 25:37-40) 

Marco

(PS: la storia di Samir, pur non essendo reale - il nome può essere sia maschile che femminile -, raccoglie in se varie storie di profughi che ho le letto sul sito di Porte Aperte)

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