venerdì 16 novembre 2018

Quando la TV ti dipinge come una "setta" Lettera aperta alle Iene | 16 Novembre 2018 |

Dopo il servizio delle Iene sulla chiesa Parola della Grazia andato in onda qualche giorno fa, che dipinge una realtà delle chiese evangeliche fuorviante,  mi sono permesso di scrivere alla trasmissione: qua sotto trovate il testo della lettera.

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Lettera aperta alle Iene 

Care Iene,

 avrei voluto inviarvi un video. Uno di quelli ben fatti, con musiche, contributi audio, panoramiche e primi piani... ma io non ho una regia audio/video come nella chiesa che avete visitato a Palermo qualche giorno or sono; ho a malapena una telecamerina comperata al supermercato con la quale ci ostiniamo in chiesa a registrare ogni domenica le predicazioni per metterle in rete e offrirle al nostro audience... che è di una ventina di persone a settimana.

  Ah, scusate, non mi sono presentato: perdonate, non sono pratico del linguaggio giornalistico.  Mi chiamo Marco Delle Monache, ho cinquantasei anni, e da dodici anni sono il pastore di una chiesa evangelica nel nord del Lazio, a Montefiascone. E, se vogliamo, quel titolo di “pastore” con cui gli altri mi chiamano, è pure in un certo senso “abusato”, in quanto non ho un diploma da appendere sul muro, un dottorato in teologia o quant'altro.

  Ciò che so (e che provo di trasmettere) è il frutto di trenta anni di studio personale, di corsi fatti la domenica in questa o quella chiesa “che ne offre uno gratis”, di voli verso la Francia, l'Inghilterra o l'America per partecipare a questa o quella conferenza quando hai risparmiato a sufficienza o “la tale missione ti paga il volo”. 

  La mia non è una chiesa “in rapida espansione”, una di quelle che amate presentare in TV  come esempio della “religione in maggior crescita al mondo” ; esiste da ben dodici anni, e non è mai andata oltre i trenta membri (o, per meglio dire, “seguaci”, come ci chiamate voi). Non abbiamo culti oceanici (attualmente siamo circa tredici), né impianti audio degni del miglior service come a Palermo, ma un palco fatto con sei pallett riciclati, due casse, un mixer sei canali, due microfoni ed una tastiera... e un'unica persona che la sappia (più o meno) suonare.

  Non percepisco stipendio per le circa venticinque ore settimanali che impiego per scrivere i messaggi domenicali, organizzare eventi, gestire le risorse, addestrare gli altri a fare a meno di me quando non ce la farò più... perché venticinque ore a disposizione, dopo che ne hai passato cinquantacinque al tuo lavoro “secolare”, significa rubare quasi tutto lo spazio alla tua famiglia... e prima o poi qualcosa si rompe. A Palermo questo non succede, perché il pastore è a tempo pieno e percepisce (giustamente) una paga per ciò che fa.

  Io non percepisco stipendio, anzi, essendo quello con il reddito più alto in chiesa, sono tra quelli che mette più “decima” (eh, si, quella cosa che vi spaventa tanto e che vi fa gridare al plagio) per pagare le bollette del garage adattato a sala di culto (eh, no, non abbiamo una tensostruttura avveniristica con locali annessi come a Palermo), perché noi non fruiamo di finanziamenti pubblici per dare, ad esempio,  le  “estreme unzioni” in ospedale, né di 8x1000;  non abbiamo banche vaticane e non siamo sostenuti da missioni straniere.

  Sapete perché vi parlo di me? Perché la mia vita è più simile a quella della maggior parte dei pastori sparsi in Italia di quanto la sia quella del pastore della chiesa a Palermo che avete visitato ultimamente. Non facciamo “businness” in chiesa, ma piuttosto ci indebitiamo per farla funzionare.

  Sapete quale è la mia attività, ultimamente? Cercare di trovare lavoro da un immigrato che è stato coinvolto (crediamo a torto) in un processo, è in stato di fermo e non può allontanarsi dalla nostra città, è stato espulso dal centro di accoglienza, è in attesa da due anni dell'udienza del tribunale, e a cui nessuno vuole dare lavoro. E i membri di chiesa lo invitano a turno nella propria casa per dargli un pasto caldo, e un po' di umano affetto.

  Certo, lo “scoop” della grande chiesa da duemila partecipanti che “palgia” il giovane omosessuale fa più share... ma, perdonatemi, non rappresenta punto la verità VERA delle nostre chiese.

  Sapete come sono il 95% delle chiese evangeliche in Italia? Piccole entità fatte di persone appartenenti spessissimo al ceto medio-basso o all'immigrazione, che talvolta danno ben oltre la decima parte del loro reddito per riuscire a “fare” quelo che fanno, spesso nel disprezzo generale e sempre  tra le barriere di uno Stato dove vige ancora una legge fascista del 1930 che stabilisce i “culti ammessi”, che ci definisce “culti acattolici”, galassia, con alfa privativa che sta ad indicare che sei “senza la chiesa cattolica” e, pertanto, differente, strano, pericoloso, da tenere d'occhio.

  E dire che mi piacete, voi Iene! Mi siete da sempre piaciuti, quando andate a ripianare i soprusi, a denunciare storture, a smascherare i pedofili (talvolta in tonaca e pastorale). Ma poi, alla ricerca del punto di share, raccontate una realtà (quella delle chiese evangeliche) che è un film che solo voi vedete.

  Sapete, care Iene, cosa mi sarebbe piaciuto da voi? Che oltre a fare un servizio dove dipingete tutti noi come manipolo di “adepti” (… parole vostre...  si parla così di una setta, vero?), con tanto di musica horror di sottofondo alla Pshyco (invece del vostro solito irriverente, allegro stacchetto), aveste la voglia di cercare di capire cosa fa quell'esiguo 1% della popolazione italiana che frequenta una chiesa evangelica (ma và? Forse vi aspettavate che fossimo di più, vero? L'Islam è il 3%, gli ortodossi il 2,8%...)

  Mi sarebbe piaciuto (e un po' ci rimango male, perché, in fondo vi stimo) che foste andati a vedere la verità VERA delle nostre chiese, fatte da una trentina di persone se va bene, a rischio costante di sfratto perché edifici di culto autorizzati per noi non ce ne sono (anche se la legge lo imporrebbe), messe spesso all'indice da autorità e curie locali,  trattate come “stravaganti” se non come “sette”, ma che nonostante tutto continuano finché ce la fanno per poter dare agli altri una prospettiva del cristianesimo che vada oltre il colonnato del Bernini, la papamobile, lo IOR... o gli scandali della pedofilia.

  Che sovente si sobbarcano in silenzio il compito dell'integrazione dei migranti a proprie spese, dove con i minuscoli mezzi a disposizione si organizzano sostegni scolastici per i bambini scolastici, banchi alimentari per i poveri, aiuti ai terremotati, corsi di lingua per migranti e quant'altro occorra a rendere la chiesa un luogo di accoglienza piuttosto che di mera aggregazione.

  Ma certo, comprendo, le persone farebbero lo “zapping” su un servizio del genere... e si sa, lo share e la fidelizzazione determina il costo degli spot...

  Vedete, care Iene, questa lettera che vi invio è “aperta” per un semplice motivo: affinché “altri” oltre voi possano leggerla e, magari, arrivare a un 0,1% di quelli che hanno visto il vostro servizio, e stimolare in loro la voglia di capire un po' meglio chi siamo. 

  Capire, ad esempio, che non esiste UNA chiesa evangelica, modello mutuato dalla chiesa cattolica, ma una galassia di denominazioni ognuna distinta dall'altra per modi di agire, di predicare, di parlare agli altri, e che dire “gli evangelici sono così” visitandone una è come voler stabilire che tutti i pastori hanno gli occhi azzurri perché quello della chiesa dove andate li ha.

 Capire che l’unico modo di fare quello che facciamo è attraverso lo sforzo comune di chi frequenta la chiesa (che, tra l’altro, è il metodo che utilizzano le chiese dove vanno, ad esempio, anche Bill Clinton o George W. Bush... sono “sette” anche quelle?).

  Avere la voglia di non giudicarci se non dopo aver visto chi siamo e cosa facciamo, di non chiamarci setta perché siamo “acattolici”, di non pensare che vogliamo plagiare alcuno; non tanto perché ci sentiamo offesi, ma per poter continuare a fare ciò che facciamo a favore dei minimi di questa società. 

  E tutte le volte che voi (o altri) fanno un servizio dove si mettono in un unico calderone tutti gli evangelici, dove il sottofondo (non detto, ma implicito) è “non fidatevi, questi sono strani e pericolosi”  succede che il giorno dopo avremo un po' più difficoltà ad ottenere il permesso per entrare nelle carceri, per distribuire pasti ai senzatetto, per accogliere il migrante abbandonato dallo Stato, per organizzare il doposcuola in un quartiere degradato. E chi ne pagherà le spese saranno le persone che non potremo più aiutare.

  Ma io sono un semplice “pastore”, e pure senza diploma... Cosa posso io contro le Iene? Il mio “share”? Una ventina di amici.

  Ricevete i miei saluti.

Marco Delle Monache
pastore (abusivo) 
Chiesa Cristiana Evangelica della Vera Vite
Montefiascone (VT)

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PS per sgomberare qualsiasi equivoco: la mia nota non deve in nessun modo essere letta come una critica alla chiesa palermitana mostrata nel servizio delle Iene, alla sua organizzazione, dimensione o alle sue scelte di come proclamare il Vangelo, per la quale nutro il più alto rispetto. L'intento è esclusivamente rivolto a mettere in luce la superficialità con la quale un certo tipo di TV racconta la variegata realtà delle chiese evangeliche in Italia.
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