sabato 22 dicembre 2012

La "fatica del Natale" | 22 Dicembre 2012 |


I "segni" del Natale

Arriva un altro Natale, condito con le luci, i suoni, l'iconografia occidentale fatta di comete, uomini in rosso, renne, alberi e capanne. Magari questo Natale è più dimesso di quelli che ci ricordiamo, mercé la crisi economica, ma i “segni” tipici di questo periodo dell'anno, ci sono tutti.

Ma per coloro che sono evangelici e navigano in internet, da qualche anno si è aggiunto un “segno” ulteriore per sapere che “sta arrivando Natale”: sto parlando della serie lunghissima di post, mail, tweet, nei quali credenti si affannano a spiegare (principalmente ad altri credenti, ma non solo) i motivi per cui non si debba festeggiare il Natale, e che, se lo si fa, colui che lo fa dovrebbe seriamente porsi la domanda se sia veramente “nato di nuovo”.

“E' giusto festeggiare il Natale?”

Il post comincia, quasi immancabilmente, con una  domanda (ovviamente, retorica, agli occhi di chi scrive) che suona pressappoco così: “E' giusto per un credente festeggiare il Natale?”, alla quale segue di norma, un “copia e incolla” preso da qualche post di qualche altro sito o pagina Facebook degli anni precedenti, dove si enumerano (spesso con una scarsissima conoscenza storica) tutti i riferimenti pagani della festività: dal Sol Invictus latino, allo Juul scandinavo, dai riti della luce lapponi al Babbo Natale Coca Cola.

Debbo confessare il mio “peccato”: anche io, negli anni passati, ho fatto ampio uso del “copia e incolla”, magari con funzione non di demonizzare la festività in se, ma di spiegarne i potenziali “appigli” per poter testimoniare di Cristo a chi crede “solo per una stagione dell'anno”.

Ma i post di cui parlo, invece, terminano quasi sempre con una coda “sulfurea”: in pratica, se festeggi, accenni, o accetti il Natale anche solo come rimembranza di un fatto “storico”, ti poni “fuori” dalla grazia di Dio, e finisci dritto dritto nelle fauci del Maligno, festeggiando ciò che la Bibbia non indica si debba celebrare. Chi invece aborrisce tale festa, rende gloria e culto a Dio, e ne riceverà grande benedizione.

Il “doppiopesismo biblico”

La storia della nostra nazione, come quella di molte altre nel mondo, è stata da sempre costellata da sovrapposizioni di paganesimo e cristianesimo, sino a dimenticarsi quali siano i collegamenti reali di ciò che durante l'anno si “festeggia”.

Ed è quasi incredibile come molti di coloro che si scagliano contro il Natale, poi siano fra quelli che ti augurano “buon ferragosto!”, ignorando che stanno celebrando l'imperatore Cesare Augusto che si proclamò “dio in terra” (poi sovrapposto dalla “assunzione” in cielo di Maria Vergine). O siano quelli che ti augurano “buon compleanno!” sulla tua pagina Facebook, senza sapere che il festeggiare la data di nascita è retaggio del rito di dedicazione dei figli alle divinità pagane.

Nella zona del viterbese c'è chi ti offre pesci di cioccolata il giorno di Sant'Andrea per rievocare la moltiplicazione dei pani e dei pesci nel Vangelo, senza sapere che in quell'usanza si cela un antico rito della fertilità, o magari va a pranzo con gli amici meccanici il giorno di Santa Lucia, che altro non è che la sovrapposizione cattolica ad una festa romana dedicata al dio sole.

Senza dimenticare, poi, come quasi tutti i detrattori del Natale stappino bottiglie di spumante al termine del "tre! due! uno!!!" tipico della conta alla rovescia del 31 dicembre, inneggiando alla festa forse più “pagana” in assoluto dell'anno, con i suoi cibi e i suoi indumenti portafortuna.

Mi fermo qua, ma l'elenco potrebbe essere lunghissimo, costellato si sagre cittadine, pali della cuccagna e quant'altro. Ma, stranamente, per queste celebrazioni, non c'è traccia di post che mettano in guardia dalle nefaste influenze di quei festeggiamenti, e non c'è traccia di “copia e incolla” per mettere in guardia il credente sui ferali effetti che ha per l'anima del credente andare al ristorante a festeggiare il quindici agosto o l'otto dicembre.

E' palese che non sia né scandalizzato né critichi i modi sopra descritti di festeggiare eventi e ricorrenze liete, ma quello che “stride” è il “doppiopesismo” biblico: capodanno,  ferragosto e compleanno si, il Natale no.

La “fatica” del Natale

Perché, allora, scegliere il Natale come obiettivo da "abbattere"? Nel tempo mi sono persuaso che  Natale costringa i credenti ad uno sforzo: quello di festeggiare “assieme ad altri”.

Come evangelici, minoranza in Italia, siamo abituati ad “essere differenti”, a  festeggiare in modi e date differenti (eccezion fatta per la Pasqua). Nel Natale non saremmo “depositari” della festa, non avremmo la prerogativa di essere “originali”, ma lo festeggeremmo assieme a gran parte del mondo occidentale; e questo ci porterebbe a “sforzarci” di riempire gli spazi lasciati vuoti all'interno dell'impalcatura che sorregge l'iconografia storica della festività con il “vero” motivo della festa; a dover “unire i punti” perché appaia l'immagine completa a favore di altri. A testimoniare Cristo a parenti, amici, e quant'altri incontriamo su una base quotidiana per almeno un mese.

E fare questo con una festa così ampiamente “secolarizzata”, comporta uno sforzo immane di attenzione, fantasia ed impegno personale. Molto più facile “essere contro”: basta poco, un “copia e incolla” e via, ecco che abbiamo fatto il nostro dovere di credenti!

Un esercito che spara su se stesso

Al di là del fatto che, sovente quei “copia e incolla” contengono dei dati a dir poco inesatti (per coloro proprio curiosi, qui possono trovare un mio NOIOSISSIMO! studio –  fatto non con il “copia e incolla”, ma sui testi di storici credenti e non - sui motivi del perché si festeggia il 25 dicembre), la cosa che mi rende profondamente triste è che, come nella migliore tradizione, abbiamo l'esempio della "chiesa" come di un esercito che spara su se stesso.

Credenti impegnati a sparare NON contro la secolarizzazione della festa, non contro l'involucro vuoto di contenuti, ma contro altri credenti che, in qualche modo (il 25 dicembre, la domenica prima o quella dopo, o in altra data) ricordano al corpo di Cristo, alla chiesa che “ la Parola è diventata carne e ha abitato per un tempo fra di noi, piena di grazia e di verità” (Giovanni 1:14), e che lo proclamano al mondo.

Il “ponte” della cortesia

Ma la chiave di lettura migliore, penso forse me l'abbia consegnata mia moglie, raccontandomi come due studenti azeri, di fede musulmana, l'abbiano salutata al termine della sua lezione all'Università con un “Buon Natale, professoressa!”... non perché loro lo festeggino o valga qualcosa per loro... ma semplicemente per “cortesia”.

Quella cortesia che stabilisce un “ponte” con l'altro, senza escluderlo ma senza essere sincretico, senza voler affermare che le mie idee si sposano con le tue, e che tutte e due vanno bene.

Quella cortesia che mi apre la possibilità di parlare di Cristo a più persone possibili, di farmi “giudeo coi giudei, debole coi deboli,” pur di guadagnarne uno in più per Cristo.

Quella cortesia che dovrebbe accomunare, in virtù dell'amore per gli altri, ma soprattutto per i fratelli e le sorelle, chi ha creduto in Cristo. In quel medesimo Cristo che è morto e risorto per ciascuno che crede in lui... ma che è anche nato, in un giorno dell'anno che non possiamo sapere, cambiando la storia del mondo, la mia e la tua.

Premesso tutto ciò... Buon Natale!
Marco

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