lunedì 28 luglio 2014

Provare a crescere guardandosi l'ombelico: pensieri a margine dell'incontro Bergoglio-Traettino | 28 Giugno 2014 |

Suscita scalpore e, in molti casi,  indignazione, l'incontro che Papa Bergoglio avrà oggi (28 Luglio 2014) a Caserta con il Pastore evangelico Giovanni Traettino, una delle personalità più autorevoli delle Chiesa della Riconciliazione. 


Senza voler entrare nel merito dell'incontro stesso (che, per altro, è di natura “privata”, se privata possiamo definirla, con oltre 350 invitati sul solo fronte evangelico), sono innegabili gli effetti che esso ha già avuto sulla comunità evangelica italiana. 

Infatti ha il merito di:

  1. aver messo assieme (che mi risulti, per la prima volta) 4 denominazioni e una federazione evangelica per siglare un documento unitario non a pro di qualcosa ma contro qualcosa, mettendo in guardia il mondo evangelico e chiarendo che il Papa non salva (grazie per avercelo rammentato; Lutero lo aveva fatto tempo addietro, ma, come si suole dire, “repetita juvant");
  2. aver diviso ulteriormente la già frammentata testimonianza evangelica italiana in pro e contro l'ecumenismo;
  3. aver confuso gran parte degli evangelici italiani su cosa significhi la parola stessa “ecumenismo”;
  4. aver immesso nella testa di molti il dubbio se sia bene parlare con i cattolici o meno;
  5. aver dato la possibilità al Vaticano di fare la “bella figura” dei tolleranti;
  6. aver mostrato alla nazione il lato meno tollerante della natura evangelica italiana.
Ciò che balza alla luce è la tanta unione “trasversale” del mondo evangelico italiano che, notoriamente, è ben rappresentato dall'affermazione “le chiese evangeliche in Italia sono piccole, ma ben divise”; l'effetto dell'incontro tra Bergoglio e Traettino è di compattare gli evangelici non sull'essere d'accordo su qualcosa, ma sul non essere d'accordo.

Non mi stupisce, in verità, più di tanto; basta farsi una “passeggiata” sul web per capire quale sia la tendenza maggioritaria di noi evangelici; i siti più “cliccati” sono quelli dove un evangelico bastona l'apostasia (brutta parola tecnica che individua l'allontanarsi dalla propria religione) di un altro evangelico, di una chiesa o di una denominazione, in quanto ci si è allontanati dalla “sana dottrina”, di cui, ovviamente, egli è detentore. Le reprimende sono quasi sempre condite dalla frase “ma altresì sta scritto che”, e giù una serie di versetti più o meno attinenti al caso.

Questo atteggiamento ha origini lontane, nell'essere minoranza, per molto tempo osteggiata, in una nazione laica che, di fatto, ha nella denominazione cattolica la propria religione ufficiale; nel tempo abbiamo sviluppato anticorpi potenti per sopravvivere a tale situazione, ma che spesso, come nelle malattie autoimmuni, invece di combattere il virus penetrato all'interno del corpo, combattono il corpo stesso, fiaccandolo. E, lasciatemelo dire, c'è talvolta anche l'invidia latente dei “numeri” e della considerazione che il Vaticano vanta a fronte della sparuta realtà evangelica in Italia.

E così, invece di pensare a come rendere visibile il movimento evangelico quale portatore di una fede unitaria in Cristo, ma arricchita da differenti modi di mettere in pratica i Suoi comandamenti, ancora una volta, ci siamo“autodigeriti”.

Ancora una volta siamo come il bambino che si fissa l'ombelico, aspettando di vederlo crescere.


Marco
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