sabato 31 dicembre 2011

Natale no... ma Capodanno si!!! | 31 Dicembre 2011 |

Quella che segue è un'attenta riflessione dell'amico Paolo Jugovac, giornalista credente ed editorialista del sito Evangelici.Net come pure di altre testate giornalistiche nazionali, circa la "illogicità" del comportamento di molti credenti Italiani rispetto alle due feste di fine anno. Quello che mi affascina degli articoli di Paolo è la capacità di cogliere le incongruenze della nostra natura di evangelici in Italia con un tono garbato, ma quanto mai acuto, mettendo alla berlina gli stereotipi e fornendo una chiave di lettura realmente basata sulla Parola.
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Capodanno con chi vuoi

Ogni anno, in questa stagione, girano numerose riflessioni su quanto sia sconsigliato, per un cristiano, festeggiare il natale. Curiosamente, invece, non si è mai letta una sola parola sul veglione di fine anno.

Eppure la notte del 31 dicembre non ha nulla di cristiano, anzi. La data, innanzitutto, è una convenzione: l’anno non comincia certo in un giorno qualsiasi di metà inverno, men che meno per la Bibbia.

E poi, le tradizioni
: la veglia fino a mezzanotte per onorare un’altra convenzione (il giorno che comincia a metà della notte, e non al tramonto o all’alba come sarebbe più logico); i botti, con la loro origine nordica e marcatamente pagana; lo spumante al tocco; il banchetto con cibi portafortuna (che, anche solo per il piacere di gustarli, curiosamente a tavola non mancano mai).

Qualcuno obietterà che è solo un’occasione per stare insieme, in sana compagnia, tra persone che altrimenti avrebbero comunque festeggiato, magari insieme a parenti o amici. Certamente la considerazione ha le sue ragioni, ma andrebbe rilevato che anche il natale è una valida opportunità per incontrarsi tra credenti: è una giornata festiva, e perfino con qualche valenza cristiana in più rispetto al veglione di fine anno.

Nonostante questo sono rarissimi coloro che ricordano il natale, e forse anche più rari coloro che non sono tentati dai festeggiamenti del 31. Per un motivo molto pratico.

A parità di condizioni, infatti, il veglione di fine anno non è meno pagano del natale: è semplicemente meno cattolico. Per questo ci sembra meno compromettente. Talvolta ci rendiamo conto che viviamo in una società e con questa dobbiamo confrontarci almeno in parte, se non vogliamo isolarci dal mondo; così, tra due feste, con una certa superficialità abbiamo scelto quella che apparentemente suona più laica. In questo modo possiamo esporci – e modulare strategicamente gli auguri – senza coinvolgere la tradizione del 25 dicembre, che con le sue implicazioni spirituali ci pare, paradossalmente, più lontana dalla fede.

Sia chiaro, nessuno sostiene che il 31 dicembre debba andare persa una buona occasione per stare insieme; semmai dovremmo comprendere che non si tratta dell’unica occasione, né per forza della meno “pagana” (se è questo che ci preoccupa). Da questa consapevolezza dovrebbe scaturire un diverso approccio, più comprensivo e sereno, nei confronti di chi, partendo da una prospettiva diversa dalla nostra, ritiene di festeggiare anche altre ricorrenze. E magari lo fa con minore superficialità di quel che potremmo pensare.

«Non giudicate per non essere giudicati», suggerisce Gesù nel vangelo. Un consiglio quantomai attuale: in un’epoca senza valori come la nostra abbiamo bisogno di morale, non di moralismi.

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Grazie Paolo. Sottoscrivo pienamente. Buon anno a tutti.

Marco.



PS: per chi volesse leggere di più di Paolo, Jugovac, qui potrete trovare il link al suo blog.
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giovedì 22 dicembre 2011

Una preghiera e un incoraggiamento ai lavoranti per Cristo... | 22 Novembre 2011 |

In questo periodo di fine anno e di festività, permettetemi di rivolgere una parola ad una categoria della quale faccio anche io parte,  che lavora tutto l'anno, spesso molto di più proprio in questi giorni, tra messaggi da preparare, servizi da allestire,  bilanci da stilare e programmi per l'anno nuovo da finalizzare. Sto parlando di tutti coloro che, a vario titolo e spesso chiamati in vario modo a seconda della propria denominazione (pastore, anziano, responsabile, eccetera) servono come conduttori ma conducono come servi nelle chiese locali.

Sono persone che spesso sottraggono ore al proprio riposo pur di obbedire alla chiamata che il Signore gli ha fatto, pur di veder nascere, crescere, veder sbocciare, vedere arrivare a maturazione e portare frutto le persone che, ogni domenica (forse non tutte) sono lì, ad ascoltare quanto il Signore ha messo nel
loro cuore di insegnare.

Lo fanno con gioia, senza aspettarsi nulla in cambio, se non per la speranza (talvolta consapevolezza, ma non sempre) di essere stati strumenti efficaci nelle mani di Dio. Ma sono pur sempre uomini (e donne), con le loro fragilità e  i loro dubbi . E, spesso, una parola di conforto, di apprezzamento o di lode vale più di cento culti "di successo".

Voglio condividere una preghiera che è stata inviata a me come a altre migliaia di responsabili di chiese nel mondo dal Pastore Rick Warren, ed è dedicata a tutti coloro che mettono al primo posto nelle loro vite l'opera del Signore servendolo nelle comunità locali.

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Mio caro pastore,
voglio oggi esprimerti la mia gratitudine per quello che fai nella tua comunità. La mia preghiera per te questa settimana è che Dio benedica e unga il tuo ministero.

Sono così grato per la tua testimonianza di fede e di obbedienza! E' per tempi come questi che Dio ti ha posto come guida nella tua chiesa, e ti ha equipaggiato di tutto il necessario per essere il servitore di cui ha bisogno la tua comunità. 

Dio si compiace del tuo lavoro e del tuo sacrificio instancabile; quello che stai facendo ora porterà molti altri nella famiglia di Dio. Tempo, energia, e sacrificio sono ben spesi. Attraverso la tua obbedienza, Dio sta facendo un'opera grande.

Tu rechi piacere a Dio, perché hai un cuore pieno di lode e di ringraziamento. Dio è compiaciuto di questa tua adorazione, e sa che funziona in entrambi i sensi: diamo gioia a Dio quando esprimiamo la nostra gratitudine per quanto ha fatto per noi, ma questo aumenta anche la nostra gioia. Il libro dei Salmi dice: "Ma i giusti si rallegreranno, trionferanno in presenza di Dio, ed esulteranno di gioia. (Salmo 68:3 ).

La nostra gioia è la continuazione della gioia inviataci quel primo Natale. “L'angelo disse loro: 'Non temete, perché io vi porto la buona notizia di una grande gioia che tutto il popolo avrà: Oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è il Cristo, il Signore.” (Luca 2:10-11)  

Il tuo cuore pieno di gioia porterà gioia alla tua Comunità. Sono grandemente benedetto di poter lavorare assieme a te in quest'opera, e prego che Dio unga il tuo ministero con la  gioia in questo periodo natalizio e per tutto il prossimo anno.

Il tuo amico

Rick Warren
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E' bello sentire un simile incoraggiamento da un altro leader della chiesa di Cristo, qualcuno che conosce per esperienza quanto il cammino di colui (o colei) che lavora per il Signore nella chiesa locale sia duro e faticoso, quanto sia vissuto tra gioie e dolori, quanto sia nutrito spesso di dubbi e di vicoli ciechi... che
, per miracolo, diventano autostrade grazie a Colui che ci ha posti alla guida delle nostre comunità.  E' per questo che voglio associarmi alla preghiera di Warren per tutti i "lavoranti per Cristo".

Personalmente, mi sento grandemente benedetto nel condividere l'opera potente di Dio con una così grande schiera di lavoratori devoti e umili. A voi il mio augurio sincero per una stagione di grandi benedizioni.

Ma se è bello ricevere un simile incoraggiamento da un altro "lavorante" sul campo di Cristo, come pastore posso solo dirvi di quanto sia stupendo ricevere qualcosa di simile da coloro che sono il "gregge" dei pastori.

Quando è l'ultima volta che  hai ringraziato chi ti ama, si preoccupa di te, studia per portati un messaggio che ti edifichi e ti aiuti, che ti accompagni nei tuoi sei giorni seguenti? Quando è l'ultima volta che gli hai dato una pacca sulla spalla dicendo "grazie pastò!" per un messaggio che ti ha toccato particolarmente, per una telefonata che  ha sollevato il tuo spirito afflitto, per un consiglio che ha illuminato una tua decisione?

Ricorda, il tuo pastore (o anziano, o conduttore, ecc.) NON vive per la tua lode, ma la tua lode può fargli capire quanto tu lo apprezzi: e per lui quello è un segno che sta adempiendo bene alla chiamata che Dio gli ha fatto!

Non è per quello che vive, ma è quello che lo aiuta a vivere, e a continuare a condurti come servo, sulla strada di Cristo.

Buone feste!


Marco


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sabato 17 dicembre 2011

Il regalo di Gesù è personale | 17 Dicembre 2011 |

Mi ha fatto riflettere questo breve articolo di Jon Walker che, prendendo spunto dalla "stagione dei regali" che è segnata dal Natale, ci fa riflettere su "come" dovremmo portare agli altri il nostro dono d'amore che è la Lieta Novella di Gesù che si è incarnato in un uomo per portare amore.
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"Noi, invece, siamo figli di Dio, perciò soltanto chi conosce Dio ci ascolta, non gli altri. Ecco un'altra prova per distinguere lo Spirito di verità da quello d'inganno." (1 Giovanni 4:6 PV)

Mia madre mi ha dato un grande dono che è la capacità di fare regali . Lei mi ha insegnato che un regalo è un'opportunità per dimostrare che hai pensato alla persona, prendendo tempo per scoprire gusti e necessità. Mi ha insegnato che i regali dovrebbero essere personali.
  
Questo si traduce nel fatto di non utilizzare un compleanno per donare un oggetto di casa che si sarebbe dovuta acquistare in ogni caso: " Accipicchia, amore, grazie per l'aspirapolvere!" Oppure, non è dare senza alcuna sensibilità alla vostra zia ottantenne un trapano elettrico per Natale (a meno questo sia quello che lei vuole davvero!).  

Il fatto che ci siano così tanti resi ai negozi dopo Natale e che si acquistino così tante carte regalo (va bene, le compero anche io) rivela che non stiamo prendendo il tempo per fare regali personali.


Ecco il punto: il dono di Gesù è personale. Gesù è venuto di persona. Non è venuto a noi come una religione, un insieme di leggi, o semplicemente come un ideale. Non è venuto come una carta di regalo generica.
E' venuto di persona, e il suo amore per noi è personale. Attraverso la sua nascita, morte e risurrezione, Gesù ci porta nelle braccia di un Dio personale, appassionato e amorevole. L'incarnazione di Gesù in un uomo non è altro che personale. Non può essere descritta in altro modo.


Allo stesso modo,  il dono d'amore che portiamo è personale. In questo senso, il nostro amore deve essere incarnato, dove portiamo l'amore personale di Gesù agli altri in maniera personale. Ci inseriamo e investiamo nella loro vita personale, perché siamo da Dio, Creatore e protettore di tutto ciò che è personale.

La nostra espressione di amore personale deve affermare: "Dio ti ama personalmente, e lo  puoi vedere guardando il modo in cui ci amiamo gli uni gli altri con rispetto e sensibilità".

Jon Walker
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Quando parliamo alle persone che scorrono nella nostra vita, stiamo presentando un Dio personale, o altro?

Ma, ancora di più, siamo consci che gli stiamo offrendo un "dono d'amore" che durerà tutta la vita?

E, inoltre, possiamo mostrare agli altri un "modello" di questo amore, mostrando il nostro rapporto con i credenti, che siano quelli della nostra o di altre chiese
?

Se la nostra capacità di attrarre gli altri a Cristo è limitata e non soddisfacente, probabilmente uno di questi tre aspetti (se non tutti e tre) non funziona a dovere.

E' tempo di rendere  efficace il dono d'amore che Gesù ci incoraggia a condividere. E il Natale è un'ottima stagione per incominciare a lavorarci su.


Marco
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giovedì 15 dicembre 2011

Ringrazia nei tempi difficili | 15 Dicembre 2011 |

Mi piace di condividere questa bella riflessione di Rick Warren...
Marco
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"Siate sempre pieni di gioia nel Signore. Io dico di nuovo, gioite! " (Filippesi 4:4 )

Quando l'apostolo Paolo dice: "Siate sempre pieni di gioia nel Signore", non dice di essere gioiosi solo nei momenti favorevoli. Anche quando i tempi sono duri, la Bibbia insegna che possiamo essere felici se seguiamo questa semplice strategia.

Non preoccuparti di nulla.

Preoccuparti non cambia nulla. E "lessare" lentamente senza fare nulla. Non esistono preoccupazioni innate. La preoccupazione è una risposta che si impara nel tempo. L'hai imparata dai tuoi genitori, dai tuoi coetanei, dall'esperienza. Questa è una buona notizia: il fatto che si impari a preoccuparsi significa che si può anche disimpare a preoccuparsi.

Come si fa a dimenticare questa abitudine? Gesù dice in Matteo 6:34 "Non affannatevi dunque per il domani, perché il domani si preoccuperà di se stesso. Ogni giorno ha abbastanza problemi di suo ". Sta dicendo non aprire l' ombrello fino a quando non inizi a piovere. Vivere un giorno alla volta.

Prega su tutto

Invece di preoccuparti, utilizza il tempo per pregare. Se preghi tanto quanto ti preoccupi, avrai molto meno di cui preoccuparti. Dio è interessato alle rate della macchina? Sì. Lui è interessato a ogni aspetto della tua vita. Ciò significa che puoi portare qualsiasi problema che incontri a Dio.

Rendi grazie a Dio in ogni cosa

Quando preghi, prega con ringraziamento. La più sana emozione umana non è l'amore, ma la gratitudine. E' scientificamente dimostrato che le persone che hanno abitudine alla gratitudine sviluppano un sistema immunitario più forte. La gratitudine ti rende più resistente allo stress e meno suscettibile alla malattia. Le persone che sono grate sono più felici. Ma le persone che sono ingrate sono infelici perché l'ingratitudine non rende felici. Non sono mai soddisfatte. Nulla è mai abbastanza buono. Quindi, se coltivi un atteggiamento di gratitudine, di essere grato per tutto, ridurrai lo stress nella tua vita.

Pensa alle cose giuste

Se vuoi ridurre il livello di stress nella tua vita, devi cambiare il tuo modo di pensare, perché il modo di pensare determina come ti senti. E il modo in cui ci si sente determina il modo di agire. La Bibbia insegna che, se vuoi cambiare la tua vita, hai bisogno di cambiare quello che stai pensando.

Si tratta di un'azione deliberata, la scelta consapevole in cui si sceglie di pensare le cose giuste. Dobbiamo "scegliere" di pensare in positivo e in accordo con Parola di Dio.

Qual è il risultato di non preoccuparsi, di pregare su tutto, rendendo grazie, e concentrandosi sulle cose giuste? Paolo dice che allora proveremo "l'esperienza della pace di Dio, che supera qualsiasi cosa possiamo capire. La sua pace custodirà i vostri cuori e le menti, come si vive in Cristo Gesù "(Filippesi 4:7).

- Che cosa si preoccupa? Parla a Dio delle tue preoccupazioni e confessagli onestamente cosa ti preoccupa.
- Se avessi pregato tanto quanto quanto ti sei preoccupato preoccupata, come pensi che la tua vita sarebbe cambiata?
- Dio ti ha a cuore e dice di volere il meglio per te. Ringrazialo in ogni cosa, anche se non riesci a capire quello che Dio sta facendo nella tua vita.
- A cosa pensi di più? A cosa pensi che Dio vuole che tu pensi?
- Sono queste due cose in accordo? Se no, perché?
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venerdì 9 dicembre 2011

Stabilire un ponte per raggiungere le persone | 9 Dicembre 2011 |

Un interessante articolo di Jon Walker su come vincere la nostra "timidezza" nel condividere con gli altri la nostra fede.

Marco
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Gesù li sentì e rispose: "Sono le persone malate che hanno bisogno del medico, non quelle sane!". Poi aggiunse: "Andate ad imparare il significato di [questo versetto delle Scritture]: "Non voglio i vostri sacrifici, ma che siate misericordiosi". Io sono venuto per riportare a Dio i peccatori, non quelli che già si sentono giusti!" . Matteo 9:12-13 (PV)

Un mio amico che una volta apparteneva a una setta,  mi ha confessato di non aver mai avuto paura di dire alla gente le cose in cui credeva. Ma, dopo essere diventato un cristiano, ha detto che era pieno di paura quando ha cominciato a condividere la sua fede in Gesù.

E' questo un richiamo forte che “noi non combattiamo contro persone in carne e ossa, ma contro potenti spiriti diabolici, principi e governanti di questo mondo di tenebre, e contro gli spiriti maligni che sono nei luoghi celesti " (Efesini 6:12 PV) .

Il nemico non vuole che noi condividiamo la nostra fede, e così ci combatte con la paura. Ma Dio non ci dà il suo Spirito per farci schiavi e per ricadere nella paura, ma ci riempie con il suo Spirito per mostrarci che siamo suoi figli e che egli è "Abba, Padre" (Romani 8:15-16).

Alcune interessanti ricerche di Sam Rainer della Rainer Research (istituto di ricerca cristiano - NdT) suggeriscono che solo il cinque per cento dei non praticanti risulta molto resistente al Vangelo , antagonista nei confronti dei cristiani, o "belligeranti" nelle loro conversazioni con e sui cristiani. A parte questo “zoccolo duro” la restante percentuale è composta da persone che sono molto più aperte all'ascolto del Vangelo.

Stando così le cose, avremo maggiore possibilità di trovare gente aperta al Vangelo che no, e le cose che spesso temiamo accadano (opposizione, rigetto, irrisione), accadranno solo (se capita) con una piccolissima minoranza di coloro che sono fuori della Chiesa.

Quando si tratta di raggiungere le persone più resistenti al Vangelo, Sam suggerisce di essere pronti a difendere la nostra fede e di affrontare direttamente i fraintendimenti sul cristianesimo, senza girarci intorno, senza evitare i "perché" dell'altro. Ma abbiamo anche bisogno di essere sensibili ai dolori e alla  rabbia di chi ci sta davanti.

Soprattutto  (e questo è vero con chiunque a cui vogliamo parlare di Gesù), dobbiamo sviluppare i rapporti con coloro che sono fuori della Chiesa. Quando i leader religiosi espressero riprovazione sul fatto che Gesù usasse fare amicizia con i non credenti, Gesù disse loro: "Sono le persone malate che hanno bisogno del medico, non quelle sane! .... Io sono venuto per riportare a Dio i peccatori, non quelli che già si sentono giusti!" . Matteo 9:12b-13b (PV) 

Durante il tuo tempo di preghiera , durante questi giorni dove le persone si preparano a “festeggiare” qualcuno che non hanno mai conosciuto, o che hanno conosciuto tanto tempo fa, ma che non frequentano più da moltissimo tempo:

• chiedi a Dio di rivelarti due persone che vogliono parlare di Gesù;
• chiedergli di preparare i loro cuori per ascoltare il Vangelo;
• chiedigli inoltre di preparare il tuo cuore per parlare con loro.

E quindi, in fede, sfida e vinci le tue paure e credi che Gesù è già al lavoro per creare una "appuntamento divino" per te con quelle persone per parlare di Lui. Sii pronto a capire in che modo lui risponderà alle tue preghiere. Ma soprattutto sii sensibile ai loro dubbi, alle loro frustrazioni, ai loro dolori.


Che Dio ti unga in queste settimane, per sapere come costruire un ponte tra te e gli altri per condividere la tua fede.

Jon Walker

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mercoledì 7 dicembre 2011

Tra simboli e impegno: cos'è Natale per chi crede. | 7 Dicembre 2011 |


Gran parte del mondo occidentale per un motivo per l'altro, festeggerà tra poco il Natale. C'è chi vede questa festa come il “compleanno del nostro Signore Gesù”, c'è chi vi trova una ennesima opportunità di fare baldoria e qualche giorno di ferie in più.

Sia gli uni sia gli altri, comunque, sarannoi accomunati nelle prossime settimane da due attività principali: comperare regali e comporre presepi, addobbi e alberi di Natale.

Anche noi credenti siamo spesso tra di loro (... scagli la prima pietra chi non ha mai avuto neppure un minuscolo addobbo natalizio in casa...) ma... dovremmo? Quali segni stiamo scegliendo per il nostro Natale? E, maggiormente “dovremmo festeggiare anche noi?” Quali sono i legami tra la fede in Gesù e il Natale? E come credenti, quale dev'essere il nostro rapporto con una festa che tutto il mondo occidentale vede come la “festa dell'anno”?

Cos'è il N
atale?

Il Natale, per definizione, festeggia la nascita di Gesù il 25 dicembre. In realtà nessuno conosce l'esatta data, e per di più il racconto che ne fa Luca suggerisse che non fosse inverno, in quando i pastori piuttosto che far dormire le greggi all'aperto le riparano negli ovili.

“In quella stessa regione c'erano dei pastori che stavano nei campi e di notte facevano la guardia al loro gregge. E un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore risplendé intorno a loro, e furono presi da gran timore.” (Luca 2:8-9)

In realtà la data del 25 dicembre fu scelta nel 350 AD dal papa Giulio 1° nell'intento di “cristianizzare” la festività pagana dei “Saturnalia” (in onore del dio Saturno), nella quale era in uso addobbare i luoghi pubblici con fiori e di scambiarsi doni e candele.

Culti simili erano presenti anche nel Nord Europa: in Scandinavia ad esempio veniva bruciato il “Yul”, un ceppo tagliato dal capo famiglia. Le popolazioni celtiche delle isole britanniche usavano addobbare le abitazioni e gli altari con piante sempreverdi come il vischio e l' agrifoglio, simboli di fertilità, e nominare in ogni villaggio un “re” per 12 giorni prima del solstizio, il quale poteva avere rapporti con tutte le donne del villaggio (da qui l'avvento).

È significativo che l'ingresso del Natale fra le feste “cristiane” coincida con l'editto con il quale Costantino “elevava” (per così dire!) il cristianesimo a religione di Stato.

Nessuno nei secoli a venire sembrò, nell'ambito cristiano, sostanzialmente dissentire su tale trasformazione di una pagana, sino a quando un gruppo di credenti inglesi conosciuti come i Puritani, vi si oppose fermamente (era il 1562), e nel 1644 un atto del Parlamento britannico ne vietò ufficialmente la sua celebrazione. Tale decisione ebbe comunque breve durata in quanto l'Inghilterra ritorno ben presto festeggiare il Natale, mentre la Scozia rimase per qualche tempo fedele alle indicazioni dei Puritani.

Il nucleo di credenti che sbarcarono sulle coste americane con la Mayflower, essendo anch'essi Puritani, trasmisero il loro disgusto per il Natale anche nel nuovo continente. Difatti, quando pensiamo agli Stati Uniti come uno dei luoghi dove è maggiormente sentito, dobbiamo anche sapere che sino al 1870 il 25 dicembre era un normale giorno lavorativo, le banche ed i negozi erano normalmente aperti, e persino il Congresso si riuniva regolarmente!

Ma il desiderio di “vacanze” sorto dopo la rivoluzione americana fece sì che la gente iniziasse a vedere il Natale come un'ottima scusa per aggiungere qualche giorno di ferie in più in un anno trascorso quasi interamente al lavoro.

  • Babbo Natale

In origine, quello che per noi è Babbo Natale (per gli americani Santa Claus), era un vescovo turco di nome Nicola (da qui la deformazione da San Nikolaus a Santa Claus), sul cui conto si narravano storie di come facesse buone azioni, soprattutto verso i bambini, e che veniva ritratto come un omone serio e barbuto.

In Olanda i bimbi attendevano che, durante le notti di dicembre, “Sinter Klaas” portasse dei dolci attraverso la cappa del camino, e per questo lasciavano fuori della porta del fieno per il suo cavallo. Tali storie furono “esportate” dai coloni olandesi in America.

Solo alla fine del 1800 lo scrittore Clement Clark Moore compose una poesia intitolata “Notte di Natale” nella quale appariva un Santa Claus vestito di rosso che, accompagnato da renne volanti, portava i regali ai bambini. Ma Babbo Natale, così come lo conosciamo noi adesso, non era ancora nato. Infatti, il Babbo Natale di Moore, era sì vestito di rosso, era sì con la barba, ma era “magro”!

Nel 1930 la Coca-Cola stava cercando un'immagine rassicurante per poter vendere la sua nota bevanda nel periodo natalizio; fu proposto di adottare la figura di Babbo Natale/Santa Claus, e uomini vestiti così furono posti all'uscita dei grandi magazzini. Ma dopo qualche giorno fu notato che le vendite non erano affatto aumentate; fu allora che si decise di far diventare Babbo Natale un allegro ciccione... e le vendite, come per incanto, decollarono! Era nato Babbo Natale così come lo conosciamo adesso!

  • L'Albero di Natale

Era usanza nelle popolazioni del Nord Europa di festeggiare il solstizio d'inverno, ovvero il giorno più corto dell'anno e conseguentemente il ritorno della luce, addobbando gli alberi con fiocchi e nastri colorati e, talvolta, con lucerne. In origine qualsiasi albero poteva essere addobbato, ma è chiaro che, essendo la stragrande maggioranza dei boschi nordici composti da abeti, l'albero più facile da “reperire” fosse proprio uno di questi. Anche qui l'emigrazione verso l'America trasmise un'usanza pagana che fu “inglobata” nella festività cristiana più vicina ad essa.

  • Il presepe

Una delle poche tradizioni italiane “sopravvissute” all'americanizzazione del Natale è il presepe, così sentita da meritare persino di essere l'elemento chiave di una delle più belle commedie di Eduardo.

Quasi tutti sanno che fu Francesco d'Assisi ad “inaugurare” la tradizione del presepe vivente nel 1223 a Greccio; tuttavia ciò fu anche stavolta un tentativo di “cristianizzare” le rappresentazioni della nascita di Gesù che nell'immaginario popolare si erano andate via via discostando dal racconto dei Vangeli.

Tra l'altro, l'iconografia classica del presepe, quella con il bue e l'asinello, è frutto di una contaminazione del racconto originale fatto da Luca, nel quale l'unico riferimento luogo di nascita alla mangiatoia (“presepe” difatti significa mangiatoia); infatti alcuni Vangeli apocrifi parlano di una stalla, del bue e dell'asino che scaldavano con il loro fiato il bambino.

“Quando gli angeli se ne furono andati verso il cielo, i pastori dicevano tra di loro: "Andiamo fino a Betlemme e vediamo ciò che è avvenuto, e che il Signore ci ha fatto sapere". Andarono in fretta, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia; e, vedutolo, divulgarono quello che era stato loro detto di quel bambino. E tutti quelli che li udirono si meravigliarono delle cose dette loro dai pastori. (Luca 2:15-18)

Quale mamma, secondo voi, vorrebbe la propria creatura appena nata accanto delle bestie che di per sé non brillano per la loro igiene, circondati da nugoli di mosche?

  • La cometa e i tre Magi

A parte il fatto che la coda della cometa va in direzione opposta al suo movimento, il tempo che essa impiega attraverso i cieli è senz'altro inferiore a quello che avrebbero impiegato di “sapienti “per arrivare dalla Persia (l'attuale Iraq).

Cosa videro dunque? Una teoria vorrebbe che i “sapienti” fossero degli astronomi, ed avessero visto la “congiunzione” tra Saturno (pianeta con cui gli astrologi indicavano Israele) e Giove (l'astro delle divinità), avvenuta verso oriente rispetto al loro angolo di osservazione e vicino all'orizzonte.

Comunque sia, il racconto di Matteo 2:9-11, indica che arrivarono “a casa di Maria e Giuseppe, quando probabilmente Gesù inizia a dire le prime incerte parole:

“Essi dunque, udito il re, partirono; e la stella, che avevano vista in Oriente, andava davanti a loro finché, giunta al luogo dov'era il bambino, vi si fermò sopra. Quando videro la stella, si rallegrarono di grandissima gioia. Entrati nella casa, videro il bambino con Maria, sua madre; prostratisi, lo adorarono; e, aperti i loro tesori, gli offrirono dei doni: oro, incenso e mirra.” (Matteo 2:9-11)

Ed è anche improbabile che fossero solo tre; non sarebbe stato molto “saggio" che tre soli uomini recassero doni di così alto valore con il rischio di essere depredati lungo il tragitto. I primi padri della Chiesa (come Agostino, ad esempio) indicavano il loro numero in una dozzina.

  • Quale Natale per i credenti?

Come abbiamo visto il Natale è una sovrapposizione di realtà cristiane a miti pagani. Non c'è dunque ragione per festeggiare il Natale per coloro che credono in Cristo?

La risposta è "no"...se...

No, se con il Natale vogliamo festeggiare colui che dovremmo festeggiare TUTTO l'anno, e non un giorno soltanto.

No, se nel Natale vogliamo vedere qualcosa che ci faccia sentire "più vicini" a colui che abbiamo vicino ogni giorno, se abbiamo creduto in Lui.

No, se i nostri auguri di pace sono attinti dai manuali delle banalità che abbondano durante questi giorni che vengono.

Qual è dunque il giusto atteggiamento che dobbiamo avere come credenti? Dobbiamo “rigettare” tutti i simboli del Natale e la festa stessa, come fecero i puritani, demolendo gli idoli e le sovrapposizioni pagane che nei secoli hanno confuso ciò che è vero e ciò che non lo è?

Paolo ci da una chiara indicazione di come , dinanzi ad un idolo pagano, il credente accorto debba comportarsi:

Mentre Paolo aspettava ad Atene, fu profondamente indignato nel vedere la città piena d'idoli. ... Allora Paolo, in piedi, in mezzo all'Areopàgo, comincio:"Ateniesi, ho visto che siete molto religiosi.Infatti, passeggiando per la vostra città, ho notato i vostri altari e ne ho trovato uno con questa iscrizione: "Al Dio sconosciuto". Voi adorate Dio, senza sapere chi sia; ebbene, io sono venuto per presentarvelo! È Dio che ha creato il mondo e tutto quello che contiene. Siccome egli è il Signore del cielo e della terra, non può abitare in templi fatti dalla mano dell'uomo, né è servito dalle mani degli uomini, come se avesse bisogno di qualcosa, perché è lui che dà vita e respiro ad ogni cosa.... È vero, e per questo non dobbiamo immaginare Dio come un idolo fatto dall'uomo con oro, argento, o pietra, o simile a qualche bella scultura artistica. Nei tempi passati Dio ha sopportato l'ignoranza dell'uomo per quanto riguarda queste cose, ma ora chiama tutti, e dovunque si trovino, a pentirsi e a convertirsi. Egli infatti ha fissato un giorno in cui giudicherà il mondo con giustizia. Lo farà per mezzo di un uomo, che egli ha eletto per questo scopo, e lo ha dimostrato a tutti facendolo risorgere dalla morte!" (Atti 17:16-31 PV)

Ecco come, secondo Paolo, si comporta il credente che è testimone della Verità di Cristo: non demolisce a martellate l'idolo, non insulta chi crede in esso, non offende chi gli si accosta. Ma sfrutta l'idolo per portare quanto più frutto a Cristo. D'altronde egli ha anche detto:

"Quando sono tra gli Ebrei, vivo anch'io da Ebreo, così che io li possa condurre a Cristo. Con quelli che sono sotto la legge, vivo come uno di loro (benché io stesso non sia sottoposto alla legge ebraica), perché il mio scopo è quello di condurre a Cristo quelli che sono sotto la legge. Quando mi trovo con i pagani mi adatto alla loro cultura (facendo, pero, sempre cio che è giusto per chi dipende da Cristo). E così, diventando come uno di loro, posso riuscire a portarli al Signore.Quando sono con i deboli, per condurli a Cristo, mi adeguo alla loro debolezza. Cerco di adattarmi ad ogni tipo di persona, pur di portarne alcuni alla salvezza. Tutto questo lo faccio per il vangelo e per ricevere anch'io con gli altri i suoi benefici.Sacrificarsi per vincere." (1 Corinzi 9:20-23 PV)

Personalmente, penso che non sia la festa a rendere santo l'uomo ma che l'uomo possa "santificare", o, in altri termini, renderla “differente” da ciò per cui ènata. Paolo chiama questo "sacrificarsi per vincere".

Il Natale, come abbiamo visto, non è nato per onorare la nascita di Gesù, e non c'è segno nelle Scritture che indichi ai credenti di celebrare una simile ricorrenza. Ma ti chiedo: vuoi "vincere" altri a Cristo? Sfrutta l'idolo, e trasmetti la lieta novella di Gesù che è venuto realmente nel mondo a coloro che festeggiano quella venuta senza neppure saperne il perché.

Il Natale è forse l'unico periodo in cui il mondo si ricorda dell'evento che ha mutato la storia dei popoli; ciò che possiamo (e dobbiamo) fare, è rendere testimonianza a colui che venendo ha “santificato” coloro che credono in Lui.

“Voi siete la luce del mondo. Una città posta sopra un monte non può rimanere nascosta, e non si accende una lampada per metterla sotto un recipiente; anzi la si mette sul candeliere ed essa fa luce a tutti quelli che sono in casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, affinché vedano le vostre buone opere e glorifichino il Padre vostro che è nei cieli.” (Matteo 5:14-16)

Facciamo delle nostre feste di Natale un motivo per “rendere visibile” ciò che è invisibile al mondo, il regno della gloria di Gesù Cristo; parliamo, testimoniamo, incoraggiamo, amiamo coloro con cui avremo contatto, senza abbattere il loro idolo, ma prendendo slancio da esso.

"Sacrificarsi per vincere" dice Paolo; sarebbe molto più semplice festeggiare, e basta. Oppure rigettare la festa, e basta. Ma Cristo chiede una vita di testimonianza. E testimoniare, talvolta...spesso... SEMPRE, richiede sacrificio!

Godiamo il nostro VERO Natale (quello quotidiano del vivere alla presenza del Figlio tramite lo Spirito Santo); ma esortiamo chi non crede ancora a accettare e a ricordare Gesùi non solo adesso, ma durante tutto l'anno, ad essere gioiosi tutto l'anno perché

“Non c'è dunque più nessuna condanna per quelli che sono in Cristo Gesù, perché la legge dello Spirito della vita in Cristo Gesù mi ha liberato dalla legge del peccato e della morte.” (Romani 8:1-2)

Pensiamo ad essere generosi tutto l'anno perché lui ha dato la vita perché noi fossimo salvati.

“perché in passato eravate tenebre, ma ora siete luce nel Signore. Comportatevi come figli di luce - poiché il frutto della luce consiste in tutto ciò che è bontà, giustizia e verità “(Efesini 5:8-9)

Allora, tra tanti “segni” errati, qual è quello che deve contraddistinguere il nostro Natale? Il vero simbolo, il solo simbolo che può dare gloria a colui che è venuto è la sua luce che risplende in noi.

Possa essere il nostro un “santo” Natale: un Natale diverso e separato, per l'amore che Cristo Gesù ha avuto in noi, e che vuole dare anche agli altri. Possa essere un Natale in cui il nostro sacrificio di testimoniare vinca un altro a Cristo.

Marco
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